devo ringraziarLa per la Sua simpatia e allegria. Quando Lei c’è, non c’è mai silenzio: una battuta, una notizia, il racconto di un’avventura, insomma Lei è sempre capace di parlare di tutto e di tenere allegra la compagnia.
Devo però farLe notare che parlando di tutto, Lei non dice niente: non un pensiero, ma luoghi comuni, non esperienze, ma avventure, non preghiere e decisioni, ma emozioni e chiacchiere. La Sua presenza nelle nostre comunità è più un disturbo che un contributo. Noi avremmo bisogno della gioia, più che dell’allegria. Ci servirebbe la scioltezza di rapporti piuttosto che il cameratismo facilone e un po’ volgare. Viene il tempo in cui le convinzioni devono essere ben radicate nella verità, i discorsi edificanti per costruire comunione, l’agire generoso nella dedizione. Le offro pertanto qualche spunto, quasi un invito ad andare oltre la superficie, per un amore più profondo per le nostre comunità e per il futuro della Chiesa. Insomma, Le suggerisco di parlare un po’ di meno
e di pensare un po’ di più, con il dovuto rispetto.
(continua nel prossimo numero…) D.M.F.